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Tifare Napoli non è amare Napoli. Se perdiamo il campionato del senso civico

Questa non è una critica al mondo del pallone, né ai tifosi della squadra del ciucciariello, che poi non sono di certo peggio degli altri. E’ piuttosto una considerazione su un equivoco di fondo, esaltato per altro dalle parole dell’ultimo inno alla squadra “… e ora come allora difendo al città”: amare una squadra non equivale a amare una città.
Una squadra di calcio, qualsiasi essa sia, e per quanto appassionatamente la si possa supportare, può essere infatti difesa anche a parole, nei bar, in ufficio, come sui social e non solo andando allo Stadio. Se così non fosse, il Napoli avrebbe solo 80.000 tifosi e non invece i milioni che merita in tutto il mondo. Invece una città non la si può amare solo a parole ma servono fatti, azioni concrete e quotidiana manifestazione di affetto e rispetto per la sua storia, la sua bellezza, la sua identità. L’orgoglio azzurro dovrebbe battersi anche per un mare limpido e strade pulite che non diano soddisfazione a chi ci considera un popolo incivile.
Ma Napoli città viene quotidianamente calpestata e offesa, da quaquaraqua che a parole si professano innamorati della “mia città più bella del mondo”, e nei fatti le dimostrano odio e disprezzo, riducendola alla carta sporca di Pino Daniele. Troppe carte sporche, troppi escrementi di cane, troppi rifiuti fuori dai cassonetti, troppe auto e moto fuori posto, troppo rumore; un troppo che ci soffoca e che risulta incomprensibile ai tanti turisti che ultimamente sciamano da ogni dove per ammirarla. Rischiamo di sbagliare quel rigore a porta vuota che è il turismo, se non capiamo che dobbiamo “giocare bene fuori casa” in strada, così come lo facciamo “in casa”, nei nostri lindi appartamenti.

Con il progetto di educAzione ambientale Mawimbi, tra agosto e settembre, la Fondazione Cariello Corbino si è rimboccata le maniche e lo ha fatto pulendo spiagge e giardinetti (piazza Salvatore di Giacomo, a Posillipo) chiamando a raccolta tanti volontari.
Di questa nuova esperienza, due restano i ricordi indelebili e di segno opposto: da un lato l’entusiasmo dei bambini coinvolti e dei loro illuminati genitori e dall’altro l’indifferenza dei tanti adulti (e anziani) che ci guardavano mostrando un senso di infastidita e canzonatoria rassegnazione, dandoci la sensazione che quei luoghi sarebbero tornati sporchi di lì a pochi giorni.

Ma noi non ci arrendiamo, non ci rassegniamo a perdere questa partita, che finisce “quando arbitro fischia!”. Continuiamo a pulire, con gioco di squadra, sperando che l’esempio possa far crescere nei cittadini un nuovo senso civico e un giorno, all’improvviso, di farli innamorare veramente della propria città.  Per battere l’inciviltà occorrono tenacia e rigore: le partite si posso recuperare e vincere anche al Novantesimo.
Forza Napoli e viva i suoi cittadini di serie A.

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