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Parco Nazionale del Virunga: un tributo al coraggio degli ultimi guardiani del mondo.

Con alcuni Rangers del Parco Nazionale del Virunga

Parco Nazionale del Virunga, Nord Kivu, Repubblica (poco)democratica del Congo, gennaio 2017. Un turista posa divertito in mezzo a un gruppo di Rangers. Il viso di chi è ritratto nella foto la dice lunga su come la vita venga percepita in maniera differente: i Rangers (e il driver, in maglia bianca) posano con aria seria perché seria è la realtà della loro vita, mentre il turista sorride felice, come a Disneyland in mezzo a un gruppo di figuranti del Re Leone.

Quel turista sono io, ed era la prima volta, forse il secondo giorno, che incontravo i coraggiosi Rangers del Parco del Virunga. Oggi, dopo tre missioni nell’area, alcuni ho imparato a conoscerli bene e li chiamo per nome e li abbraccio come fratelli, a tutti loro mostro rispetto per il coraggio e simpatia per la gentilezza con cui si occupano di me.

Il loro compito è immenso, quasi una fatica di Sisifo: proteggere la fauna e la flora del più antico parco d’Africa

Un bellissimo silver back, molto molto vicino

dai bracconieri, dai trafficanti di carbone vegetale e di legname e da quanti, tanti, il Parco lo combattono.  Sì, perché in RD Congo, più che altrove, un parco nazionale significa molto più che alberi e animali selvatici, vuol dire soprattutto: turismo, sviluppo, legalità, occupazione, apertura al mondo. E questo è ancor più vero quando un Parco funziona bene come quello del Virunga, dal 2008 gestito dalla Virunga Alliance, sperimentando così una efficiente partnership pubblico-privata, grazie alla quale il 30% dei proventi del turismo va in progetti per la comunità locale. E’ un progetto guida a cui guarda tutto un continente,  che funziona anche grazie alla testardaggine del direttore, il belga Emmanuel De Merode, che, nonostante un attentato in cui fu gravemente ferito alcuni anni fa, è rimasto al suo posto a guidare i suoi Rangers per amore del suo Parco e del suo Congo, lottando in primis contro la corruzione che strangola il Paese e strangolava il Parco.

Quella stessa corruzione che, complice dell’avidità delle multinazionali minerarie straniere, tiene in ginocchio questa nazione-gigante potenzialmente ricchissima, vessata da oltre venti anni di guerra civile. Corruzione, avidità, guerra civile: un mix velenoso, un meccanismo letale ben noto e pure sempre efficientissimo che ha provocato dai 6 agli 8 milioni di morti (2 più, 2 meno, a chi importa? Non ai media europei che non ne parlano mai), 1 milione e mezzo d senza tetto, 3 milioni di bambini a rischio morte per fame (fonte: Nazioni Unite), milioni di rifugiati che vagano come fantasmi per il paese e premono ai confini delle nazioni confinanti, e tassi di povertà, mortalità infantile e analfabetismo tra i più alti del mondo.

In più, i Rangers ovviamente fanno da servizio scorta e guida ai visitatori, scorrazzandoli in jeep tra le varie

Daniela, Christian e alcuni bimbi. marzo 2018

attrazioni del Parco (i gorilla di montagna, i vulcani, una varietà unica di paesaggi con il “record” di biodiversità di specie) e su e giù per i confini e le principali località. Sono loro sempre al nostro fianco quando andiamo a trovare i 65 bambini dellorfanotrofio di cui la Fondazione Cariello Corbino si occupa nel Nord Kivu, una delle regioni più a rischio. Sono loro che mi fanno da interpreti con la comunità locale che in quell’orfanotrofio troveranno anche una scuola e un centro di salute aperto a tutti, è con loro che abbiamo scelto il terreno da acquistare e la ditta da ingaggiare, ed è con loro che ci facciamo lunghe chiacchierate e ci raccontiamo le nostre vite così diverse durante le ore di african massage, quel rimbalzare continuo sulle buche di strade sterrate stretti nelle jeep di servizio, tra un fucile, uno zaino e un cane segugio del progetto Congo Hound di Marlene Zähner.

Sono loro, “soldati” buoni e acculturati, che capiscono che il futuro dell’Africa e del RD Congo passa necessariamente per la pace e per la conservazione della natura, per l’educazione dei figli e per il turismo, che nel vicino Ruanda post genocidio assicura molti punti di PIL. Sono loro, i rangers del Parco Nazionale del Virunga, ad aver accolto e reso sicura e piacevole il soggiorno di oltre 17.000 turisti di ogni nazionalità dal 2014, anno del rilancio delle attività turistiche. E sono sempre loro ad aver visto cadere sotto i colpi nemici 176 colleghi in forza al Parco uccisi nello svolgimento delle loro funzioni.

L’ultima vittima, pochi giorni fa, una giovane ranger di soli 25 anni, Rachel Katumwa. Il turismo nel Parco nazionale del Virunga è stato, per la prima volta, fermato, così come ha appena annunciato il direttore De Merode. Alla sua memoria intitoleremo il dormitorio femminile dell’orfanotrofio, i cui lavori non si fermano, come non si ferma il lavoro dei rangers e la vita pigra degli splendidi gorilla di montagna, spiriti saggi cari a Diane Fossey  e il ribollire dei vulcani, e il duro lavoro nelle campagne, e il brulicare di una nazione e

Rangers del Parco Nazionale del Virunga con Marlene Zähner

di un continente sempre in lotta per la sopravvivenza, perché la vita è sempre più forte della morte.
E quando, a breve, il turismo ripartirà, la Fondazione Cariello Corbino sarà alla frontiera in prima fila: saremo lì, al confine, col sorriso, pronti a saltare sulla jeep con lo scudo arancione per attraversare quel mondo di rara bellezza e infinita umanità…

E se volete finanziare le attività della Fondazione Cariello Corbino in RD Congo, cliccate qui. Grazie! Diffondete l’articolo, se potete!
Alberto Corbino, presidente Fondazione Cariello Corbino.

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