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Congo: i nostri bimbi spaventati dalle pallottole, più che dal virus

Un ranger del Parco Nazionale del Virunga, nostro angelo custode, con i bambini delle Gazelles de Silvana (ph: Miguel Amortegui,, aprile 2019)

E’ accaduto un fatto per noi molto grave, che merita 5 minuti del vostro prezioso tempo. Noi tutti volontari della Fondazione, anche chi è stato in Congo una sola volta, siamo sconvolti da questa notizia. Tranquilli, i bimbi stanno bene. Ma pensiamo che sia giunto il tempo di arrabbiarsi, il tempo di dire basta, il tempo di dire che l’umanità di tanti non può soccombere più di fronte alla guerra e all’avidità di pochi.

Questa cavolo di pandemia dovrebbe averci insegnato una cosa:  dobbiamo fare di tutto per invertire la rotta che ci sta portando a una catastrofe ambientale e sociale dalle conseguenze imprevedibili.
Da due mesi a questa parte, pare che non esista niente altro che il Covid-19. Per i media il tempo si è fermato e anche tutta la narrazione del mondo è in chiave Covid-19: quanti morti in Lombardia, in Spagna, negli Stati Uniti, i tamponi, le mascherine. Certo, è una pandemia, certo non si vedeva nulla del genere da 100 anni, certo siamo tutti preoccupati per i nostri cari, per il nostro presente e il nostro futuro.
Ma mentre siamo immersi e paralizzati dal terrore in questa narrazione monotematica, il pianeta continua a girare. E non ci riferiamo alla natura che riprende spazio, ai simpatici delfini che hanno trovato il coraggio di visitare i nostri porticcioli; no, parliamo di esseri umani: in Italia si nasce come prima (circa 1,100 neonati al giorno), ci si ammala di tumore e non si riesce ad avere una visita, si perde il lavoro a 50 anni, si chiude bottega, si specula e si fanno soldoni. E nel mondo lo stesso: i ghiacciai continuano a sciogliersi, le campagne a desertificarsi, gli africani culturisti-col-rolex continuano ad attraversare il Mediterraneo nelle bagnarole per provare il brivido del turismo alternativo, i siriani in gita coi bimbi continuano a fare la spola tra Turchia e Grecia, e le benefattrici multinazionali continuano a fare enormi business col divide et impera di popoli felici che mandano i bambini in miniera a scavare diamanti e coltan in cambio di armi.
Una volta usciti dal tunnel (magari fosse solo mediatico!?) questo mondo ci ripiomberà addosso e toccherà capire da che parte vogliamo stare. Un primo avvertimento ci è stato dato… averne un secondo sarebbe chiedere troppo, anche a un dio paziente come il vostro.

A noi della Fondazione è appena successo di accorgerci dello scricchiolio sinistro del mondo, nel silenzio assordante di questi giorni, che amplifica solo di poco il silenzio assordante che c’è sull’Africa e sugli ultimi della terra in genere. Poche ora fa ci sono arrivate alcune foto dei nostri bimbi più piccoli rifugiati sotto ai letti, i visini spaventati dal rumore delle pallottole di una sparatoria poco distante.
Per fortuna stanno bene,  solo un po’ di paura (ma sono tosti, loro!, se lo mangiamo a colazione il Covid, loro).
C’è stata un attacco a dei civili da parte di un numeroso gruppo di miliziani della FDLR – FOCA a Rumangabo: è la prima volta che si avvicinano così tanto al nostro orfanotrofio e al quartiere generale del Parco, a pochi passi da noi. I rangers non erano il bersaglio, ma loro, quei coraggiosi ragazzi  e ragazze e che ci fanno da scorta ogni qual volta muoviamo un passo, e al cui valore abbiamo già una volta voluto rendere omaggio in questo blog, non hanno esitato a difendere i civili, a rischio della propria vita.
E’ stata un strage: 12 rangers (tutti tra i 23 e i 30 anni) il driver (ne aveva ben 40!!) sono rimasti uccisi e altri feriti. Si tratta della peggiore perdita mai subita da questo corpo di donne e uomini preparati e gentili, che in questi tre anni abbiamo imparato a chiamare amici, e che negli anni hanno già sacrificato oltre 200 colleghi per difendere la popolazione e gli animali del più antico e straordinario Parco dell’Africa, il Virunga National Park, un posto straboccante di gioia e bellezza che noi chiamiamo casa.

Rangers del Parco Nazionale del Virunga sull’attenti all’alza bandiera (ph. Miguel Amortegui, aprile 2019)

Morti per difendere un modello di sviluppo sostenibile, che tramite il turismo naturalistico porta ricchezza diffusa (e anche la corrente elettrica) alla popolazione locale, che supporta progetti come il nostro, difendendo il Parco dalle speculazioni di aziende minerarie e petrolifere senza scrupoli e dalle milizie ribelli che, in nome di un qualche ideale rivoluzionario ampiamente tradito, da 20 anni seminano morte e terrore tra il popolo in diverse regioni, per il controllo del territorio e quindi delle miniere.

Ancora una volta vogliamo ringraziarvi, perché senza il vostro supporto i nostri bambini sarebbero ancora di meno al sicuro e invece hanno un alto muro di recinzione, case vere e un posto dove vivere e giocare. Ancora una volta vogliamo chiedervi di continuare a supportarci, perché è necessario costruire ancora sicurezza e pace. E, ancora una volta, vi invitiamo a prendere posizione, perché, se non fosse ancora chiaro, il mondo è uno, ed erigere muri di egoismo e avidità giova solo a pochissimi, e voi NON siete tra quelli.  Pace in terra agli uomini di buona volontà; agli altri: peste li colga!

Vedi anche:

Updated Statement from Virunga National Park on recent attack

Update on armed attack on Rumangabo Village

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