Silvia Romano e l’umanità smarrita dell’Italia
Ieri pomeriggio l’annuncio: Silvia Romano, dopo 18 mesi di prigionia, è libera! Il ritorno in Italia e l’abbraccio con i genitori tra pochi minuti.
Non conosco Silvia, ma ho pensato che, se avessi avuto la fortuna o l’intelligenza di fare un figlio in giovane età, potrebbe essere mia figlia. E ho pensato che mai avrei potuto desiderare una figlia migliore di lei: studiosa, sguardo limpido e sorriso sincero che ne rivelano l’autenticità, lavoratrice, amante del prossimo, curiosa della vita. Silvia ha tutto per renderci fieri di lei; ancor più se pensiamo che è una giovanissima donna, qualcuno direbbe una ragazzina. Sta tornando da sua madre, che non avrà dormito tranquilla una sola di queste infinite notti, una di quella madri italiane che proprio oggi, per una fortunata coincidenza, tutti si affrettano a festeggiare sui social e a tavola tra i congiunti.
Io non conosco Silvia – ma non dispero un giorno di potermi INCHINARE al suo cospetto – ma conosco Alessio, Roberto, Giulio e Luca, 4 ragazzi lucchesi partiti volontari in Chiapas appena 18enni; conosco Alessia, Sara, Luisa, Maria e Igor, volontari in Rwanda; Sandrone, che ha portato i viveri nella Bosnia dilaniata della guerra; conosco i volontari della mia Fondazione, giovani e meno giovani, venuti con me in Congo; conosco Cinzia, medico dei bimbi che ha passato dieci estati in uno sperduto paesino del Guatamala e Giancarlo, che ha preferito gestire campi di MSF in mezzo alla giungla al lavoro sicuro da laureato con lode in economia. E, nella mia vita, ho avuto il piacere di conoscere tanti volontari e tanti cooperanti, persone che si occupano degli ultimi della terra o della Terra stessa, semplicemente perché è lì che sentono di dover stare per un torrido mese estivo, o scegliendolo come mestiere di una vita.
E, a proposito di questo, giusto per chi non lo sapesse, quando si lavora per organizzazioni piccole come quella di Silvia, la passione e l’amore per il prossimo sono tutto, perché alla fine non ti importa se il guadagno è molto basso, l’alloggio è molto al di sotto della cameretta in casa dei tuoi, la pizza non c’è e il viaggio è in seconda classe, e poi ci sono bus, canoe e strade sterrate e magari a quelle spese di viaggio hai pure voluto contribuire tu, con una colletta tra parenti e amici un po’ preoccupati, perché magari avanza qualcosa per i bimbi; per non parlare di malaria, dissenteria, virus letali come cobra in zone senza ospedali e, perché no, qualche simpatico attacco terroristico.
Eppure a noi italiani tutto questo NON basta. No, perché noi siamo un popolo di santi e giudicanti e siamo sempre migliori di tutti, di Silvia, dei suoi genitori, dei colleghi affranti della Africa Milele Onlus e perché giudicare e distruggere è oggi il nostro sport nazionale (ancor più oggi che non c’è il pallone). E fioriscono così alcuni commenti sui social di uomini e donne che chiedono “quanto ci sia costato il riscatto – chi glielo ha fatto fare a questa ragazzina – che la prossima volta se ne vada a fare la volontaria nell’ospizio – …”.
Perché noi siamo così: un popolo di santi giudicanti, i primi ad andare su tutte le furie per un mese di lista d’attesa della visita specialistica, ma gli ultimi a pagare le tasse; i primi a lamentarci se le strade sono sporche, ma gli ultimi a fare due metri per buttare il sacchetto nel cassonetto vuoto; i primi a difendere a spada tratta i nostri figli teppistelli di fronte a professori sempre più sgomenti, ma anche i primi a condannare una ragazzina che ha voluto seguire il suo sogno; i primi a condannare il lockdown perché senza il parrucchiere non si può stare, e i primissimi a crocifiggere una giovane donna che ha perso la libertà per 18 mesi.
Lo so – per fortuna lo so – che questi spregevoli individui rappresentano casi di eccezionale demenza e crudeltà amplificate dai social. Lo so che essi sono minoranza assoluta, lo so. Ma so che anche le eccezioni fanno figli e hanno diritto di voto. Ed è arrivato il momento di dire, a voce alta, da che parte stare; è arrivato il momento di contarci e fare le pulizie di primavera!
Bentornata a CASA cara Silvia,
tuo fratello maggiore (di papà ce n’è uno solo) Alberto.